We are here Venice è stata contattata da Geo France per contribuire ad un’analisi dettagliata circa il potenziale della città di rinascere a seguito delle restrizioni anti Covid-19.
In mezzo alla laguna, sull’isola di Sant’Erasmo, il francese Michel Thoulouze assapora la calma inimmaginabile che è calata qui tra marzo e maggio. “Mi sento come se avessi scoperto posti nuovi, come quando si alza un velo per l’inaugurazione di un nuovo monumento … il ponte di Rialto vuoto, Piazza San Marco silenziosa e quasi inquietante, i canali limpidi dove quasi ci si poteva specchiare…” Dunque, ora che i confini si stanno riaprendo, ci lascia con un consiglio: “Venite! C’è ancora tempo per vedere una Venezia che non sarà mai più possibile rivedere. Almeno per alcuni mesi non ci saranno turisti asiatici e americani, gruppi di visitatori e navi da crociera, e la città continuerà ad appartenere ai suoi abitanti e ai suoi veri estimatori.”
Questa situazione inaudita è tanto il paradiso quanto l’inferno per i veneziani. Gli abitanti assaporano, infatti, la gioia di trovarsi in una delle città più belle del mondo, ma sono angosciati all’idea di perdere i mezzi di sussistenza, principalmente forniti dai quasi 30 milioni di turisti all’anno, di cui l’85% provenienti dall’estero. L’anno scorso, durante l’alta stagione, fino a 100.000 persone hanno affollato quotidianamente il ponte di Rialto. Nonostante tutto, però, i veneziani sono uniti su un fronte: quello di approfittare dello stop improvviso per formulare nuove maniere che consentano a Venezia di accogliere il mondo.
È tempo di stabilire uno schema che possa proteggere Venezia dagli effetti devastanti del turismo di massa. Ma come si può fare quando il 65% della popolazione locale è registrata come attiva in questo settore? L’inizio dell’estate ha condotto ad un notevole cambiamento di scenario. C’è abbondanza di posti a sedere a bordo dell’onnipresente vaporetto numero 1, che naviga lungo l’ormai cristallino Canal Grande. “Siamo persino rimasti sorpresi di sentire di nuovo conversazioni in dialetto veneziano”, ha osservato Benedetta Fulin, che gestisce il Local, un ristorante nel sestiere di Castello. Ma già ACTV – la compagnia che gestisce i trasporti pubblici in città – avverte: senza i turisti che pagano il prezzo intero per i loro biglietti, il mantenimento del numero di rotte che attraversano la laguna e il provvedere alla manutenzione della ormai vecchia flotta di vaporetti creerà un abisso finanziario entro il prossimo anno.
Quanto alle gigantesche navi da crociera contro le quali i residenti protestano da tempo immemorabile, sono svanite nella crisi sanitaria. Buone notizie per alcuni, ma minaccia diretta e indiretta per 5.000 posti di lavoro a Venezia. Dunque? Si domandano alcuni. “Finché l’industria non avrà apportato modifiche per operare una transizione verso un maggiore rispetto dell’ambiente – come utilizzare navi più piccole o motori non inquinanti – le vogliamo fuori da Venezia”, insiste Jane da Mosto dell’organizzazione We are here Venice.
Foto di Eleonora Sovrani.