La testata canadese Le Devoir ha seguito il nostro lavoro in una serie di articoli sull’ innalzamento dei livelli dell’acqua, con particolare focus sui disastrosi allagamenti a Venezia.
Una traduzione in italiano dell’articolo è inserita di seguito:
“Mi piacerebbe offrirle un caffè, ma purtroppo la macchinetta si è rotta a causa dell’acqua alta del 12 Novembre. Era situata al pianterreno e quindi è finita sotto acqua, come tante altre cose qui da noi” così si spiega Andrea Zanoni, eletto al Consiglio Regionale del Veneto come parte dell’opposizione.
La sede del Consiglio, situata sulla riva del Canal Grande, principale via di circolazione della città, è effettivamente al livello dell’acqua, con una vista mozzafiato sulla magnifica Basilica di Santa Maria della Salute. I rappresentanti eletti vi salpano in barca e l’edifico ha una propria banchina. Ma gli uffici governativi della regione veneziana, che fanno invidia a molti dei visitatori, sono anche molto vulnerabili alle maree troppo alte, come appunto quelle che provocato gravissime inondazioni nelle ultime settimane.
Proprio la sera del 12 Novembre, durante la già storica marea che ha inondato oltre l’80% della città storica, il Consiglio si stava riunendo nella sala al pianterreno quando le sirene di avvertenza delle maree hanno avvisato del salire dell’alta marea. Poco dopo, la sala riunione è stata invasa dall’acqua, come ci racconta il consigliere Zanoni; “Avevamo sentito l’allarme per la marea, ma nessuno si aspettava che sarebbe stata cosi forte. È stata la prima volta che il Consiglio Reginale, che vede i suoi uffici a Venezia da oltre cinquant’anni, è andato del tutto sotto acqua. E la più grande delle ironie è che proprio quella sera il Consiglio aveva respinto le nostre proposte di bilancio ambientale per il finanziamento di più aree verdi a Venezia e per lo sviluppo di energie rinnovabili per il settore dei trasporti”.
“Non possiamo lasciare che Venezia sparisca sotto acqua!”
Aldilà dell’ironia che vi sta dietro, questo evento si pone sfortunatamente come simbolo emblematico di ciò che sta accadendo a Venezia, così aggiunge il consigliere del Partito Democratico. “Bisogna considerare che la città, costruita in parte su fondamenta sostenute da palafitte costruite a partire dal VI secolo, sta affrontando una “tempesta perfetta”, che rischia di provocare la sua scomparsa nei prossimi decenni”.
Costruita su un terreno fragile, Venezia affonda un po’di più ogni anno che passa, in particolare a causa del pompaggio intensivo delle faide sotterranee che prosegue da decenni per mano del settore industriale con base a Marghera.
In aggiunta, la città si trova a meno di un metro dal livello del mare è perciò ogni minuto che passa è colpita dall’innalzamento del livello delle acque, fenomeno che, secondo le previsioni scientifiche di svariati gruppi di esperti del cambiamento climatico, è destinato ad aggravarsi e intensificarsi nei prossimi decenni.
“Non sono certo che Venezia sarà capace di sopravvivere a questa particolare combinazione di fattori”, insiste così Andrea Zanoni.
Una protezione compromessa
Ad aggravare questa sua condizione esistenziale, le autorità regionali non hanno mai fatto ciò che viene considerato il necessario per preservare la Laguna di Venezia, un’immensa zona cuscinetto storicamente creata dalla Serenissima di Venezia per preservare la città dall’effetto delle maree provenienti dal mar Adriatico. Oltre l’80% delle paludi endemiche della laguna sono scomparse, afferma Jane Da Mosto, direttrice dell’organizzazione We are Here Venice, che lavora per la protezione degli ambienti della regione. “Il Mose è essenziale per bloccare l’entrata dell’acqua nella laguna, ma non è tutto. Bisogna ripristinare le paludi originarie della laguna, che da sempre aiutano a ridurre il livello dell’acqua in entrata, ma che ora sono andate distrutte. Abbiamo distrutto nel tempo le protezioni naturali della città”.
Il MOSE (acronimo per Modulo Sperimentale elettromeccanico), è un gigantesco progetto di costruzione di 78 dighe installate ai tre ingressi della laguna di venezia. In caso di marea superiore a 1,10 metri, le dighe coinvolte dovrebbero normalmente sollevarsi per bloccare l’entrata dell’acqua in laguna e cosi proteggere Venezia dal pericolo d’inondazione. Il progetto però, iniziato dal 2003, non è ancora terminato, nonostante la somma degli investimenti coinvolti superi già i 9 miliardi di euro.
““Abbiamo nel tempo distrutto le protezioni naturali della città”
Andrea Zanoni non crede assolutamente all’efficacia del Mose, presentato dall’autorità politiche come l’unica reale soluzione alle forti inondazioni della città. “Le previsioni d’aumento delle acque indicano chiaramente che la città dovrà scomparire sott’acqua, con o senza il MOSE attivo”. E continua “l’acqua passerà semplicemente accanto o addirittura sopra l’isola di Pellestrina, situata nella parte sud della Laguna”.
Diversi veneziani dubitano come lui dell’efficacia del MOSE, un progetto segnato sa scandali di appropriazione indebita di fondi pubblici.
Anche Camilla Bertolini, studentessa di dottorato presso l’Università Ca’ Foscari e specialista dell’ecosistema lagunare, si interroga anche su quali saranno le conseguenze ambientali a lungo termine di questo progetto. Ci ricorda inoltre che la laguna, che ha generalmente una profondità di appena pochi metri, è stata più volte dragata per consentire alle petroliere di raggiungere il porto di Marghera, il che facilita l’entrata verso Venezia di acqua salata dal mar Adriatico.
Camilla Bertolini, Jane Da Mosto e l’architetto veneziano Piero Vespignani ritengono che, stando alle circostanze attuali, la migliore polizza di assicurazione climatica per la città risieda in “soluzioni naturali”, cioè la rigenerazione dell’ecosistema lagunare. “non si può cambiare l’ambiente e le dinamiche dei sistemi naturali senza pagarne il prezzo, ma possiamo cambiare il nostro modo di fare” spiega la dottoressa Da Mosto.
Per il momento, tuttavia, le autorità politiche non sembrano comprendere l’importanza di attuare rapidamente misure per preparare Venezia ad affrontare le conseguenze della crisi climatica.
“La città di Venezia non è assolutamente pronta ad affrontare gli effetti del cambiamento climatico. Per questo sono molto preoccupato per gli anni a venire” sottolinea Andrea Zenoni.
“Bisogna ripristinare le paludi originarie della laguna, che da sempre aiutano a ridurre il livello dell’acqua in entrata”
Questa e altre sono parte di senso di preoccupazione condiviso da diversi cittadini incontrato da Le Devoir a Venezia: “SI, ho paura che la città scompaia e noi tutti diventeremo rifugiati climatici. Se Venezia un giorno scompare, dove andremo a vivere noi? Ci sono molte cose che si possono fare per evitare tutto questo, dalla riduzione delle nostre quotidiane emissioni di gas a effetto serra, allo sviluppo di misure di adattamento per le infrastrutture. Non possiamo lasciare che Venezia scompaia sott’ acqua! Questa città si offre come esempio lampante di ciò che sta accadendo in tante altre parti del mondo, e se non facciamo nulla per questa città, forse la sua scomparsa sarà la prova che non meritiamo più di vivere su questo pianeta”, così si spiega Miss Da Mosto, moglie di un veneziano la cui famiglia vive nella Serenissima da più di mille anni.
Proprio lei invita ad una riflessione più globale, in un momento in cui “l’emergenza climatica” minaccia intere popolazioni in varie regioni del mondo. “Dobbiamo anche chiederci cosa dobbiamo salvare: i fondi monetari che potrebbero essere utilizzati per salvare Venezia potrebbe invece essere adoperati per aiutare i rifugiati climatici costretti a lasciare il loro paese a causa dell’impatto dei cambiamenti climatici. Venezia è davvero più importante della sopravvivenza di rifugiati? È una domanda a cui ci si trova impossibilitati nel rispondere, ma comunque è nostro dovere porci questa domanda”.
Tradotto dal francese da Margherita Scapin